Tabacco, svapo sotto accusa. “Un cavallo di Troia: crea dipendenza nei giovani”

Seleziona la lingua

Italian

Down Icon

Seleziona Paese

Italy

Down Icon

Tabacco, svapo sotto accusa. “Un cavallo di Troia: crea dipendenza nei giovani”

Tabacco, svapo sotto accusa. “Un cavallo di Troia: crea dipendenza nei giovani”

Sette milioni di morti all’anno legati al consumo di tabacco, e 1.3 milioni da fumo passivo. Cifre ancora apocalittiche che giustificano il termine epidemia utilizzato dall’Organizzazione mondiale della Sanità per presentare i dati del suo decimo report 2025 sul consumo globale di tabacco. Una presentazione in grande stile, nel corso della giornata inaugurale della World Conference on Tobacco Control, la conferenza mondiale sul controllo del tabacco, organizzata a Dublino da The Union (Unione internazionale contro la tubercolosi e le malattie polmonari), con il supporto di Bloomberg Philanthropies che ha annunciato un finanziamento di 20 milioni di dollari per accelerare i progressi in quei paesi in cui la lotta al tabacco è in stallo.

L’intervento del direttore Oms

Il direttore generale dell’Oms stessa, Tedros Adhanom Ghebreyesus, riconosce davanti alla platea dei 3200 delegati da tutto il mondo nell’affollata sessione inaugurale che molto è stato fatto. Ma che la strada da percorrere è ancora lunga, e piena dei trabocchetti dell’industria del settore che utilizza ogni arma possibile – dal marketing aggressivo alla seduzione degli aromi nei nuovi prodotti – per arrivare a nuovi consumatori con prodotti meno connotati delle tradizionali sigarette. Prodotti che, non a caso, sono ancora poco regolamentati anche se dietro ogni device – sottolineano in apertura – c’è sempre la stessa vecchia dipendenza.

Oggi gli sforzi congiunti hanno permesso di proteggere 6.1 miliardi di persone. Ma non basta. Il 75% dei casi globali di malattia – diabete, patologie cardiovascolari, respiratorie e cancro – sarebbero in almeno la metà dei casi prevenibili perché si conoscono le cause: tabacco, alcol, cibi iperprocessati, inattività fisica e inquinamento. Che fare? “Chiediamo ai Paesi di implementare ai massimi livelli almeno un elemento di Mpower in un anno – raccomanda Ghebreyesus – e chiediamo ai ricercatori più evidenze scientifiche sui nuovi prodotti”.

Che cos’è Mpower e come funziona

Il focus Oms parte dai sei interventi che misurano l’efficienza dei Paesi nel controllo di fumo e tabacco: l’acronimo è Mpower. M sta per il monitoraggio dell’uso del tabacco e delle politiche di prevenzione, p per la protezione dei cittadini con leggi per un’aria pulita e senza fumo, o per un’offerta attiva e gratuita di programmi per aiutare a smettere di fumare, w per gli avvisi sui pericoli legati al fumo con etichettature dei pacchetti e attraverso la comunicazione con campagne informative e di stampa, e per rinforzare e allargare i divieti sulla pubblicità del tabacco, la promozione e le possibilità di sponsorizzare eventi, r per l’aumento delle tasse sul tabacco. Ognuna di queste misure funziona, tutte insieme sono una svolta, un cambio di paradigma nella lotta al tabacco.

Dal 2007, 155 paesi hanno implementato almeno una delle misure previste da Mpower tanto che oggi 6.1 miliardi di persone, tre quarti della popolazione mondiale, sono protette da almeno uno dei punti previsti, rispetto al solo miliardo del 2007. Quattro Paesi però sono riusciti ad applicare tutto il pacchetto: Brasile, Mauritius, Paesi Bassi e Turchia, mentre 7 sono a quota 5 – quindi un ottimo controllo – e sono Etiopia, Irlanda, Giordania, Messico, Nuova Zelanda, Slovenia e Spagna. Ci sono poi 40 Paesi che non hanno ancora cominciato il percorso di Mpower e più di 30 che consentono la vendita di sigarette senza i messaggi di rischi legati alla salute. L’Italia – con un 20% di fumatori giornalieri abituali (dati 2023) è promossa solo per il monitoraggio e per gli avvisi sui pacchetti (ma non per le campagne informative e di stampa) e per lo stop alla pubblicità, promozione e sponsorizzazione di eventi. Il nostro Paese ha comunque una tassazione del 77%, di due punti superiore a quella suggerita dall’Oms. Ma lontana dal primo posto della Finlandia, che ha il 90% di tasse sui prodotti a base di tabacco, e dall’ultimo di Monaco, che ha un’imposizione fiscale di solo il 16,7%.

E non si parla solo di sigarette tradizionali, ovviamente. Perché il nuovo fronte è quello dei prodotti alternativi al tabacco tradizionale, come nicotina non sotto forma di tabacco, prodotti senza fumo (tabacco orale o nasale) e soprattutto le e-cigarette e i prodotti a tabacco riscaldato, che stanno seducendo giovani adulti e adolescenti quasi in tutto il mondo e per i quali ci si sta muovendo verso una regolamentazione stringente. Un cavallo di troia, ha definito queste nuove formulazioni Douglas Bettcher, Senior Advisor del direttore generale dell’Oms, denunciando il modo subdolo con cui le aziende del tabacco cercano di sottrarsi a leggi più severe, a restrizioni sulle vendite, ai messaggi legati al danno del tabacco.

34 Paesi hanno vietato il vaping

Nel 2022 121 Paesi hanno regolato il vaping, 74 non lo hanno fatto. Dei 121, 34 ne hanno vietato la vendita, tra questi Australia, Brasile Singapore, e 87 – che coprono 3.3 miliardi di persone – hanno adottato una regolamentazione completa o parziale. Il problema è che quasi la metà dei Paesi (il 47%) non sta monitorando l’uso di questi dispositivi tra gli adolescenti e il 67% non ha dati sull’utilizzo negli adulti, cosa che non solo si traduce in una mancata sorveglianza ma in una oggettiva difficoltà di intervento lì dove non si sa quanti siano i fumatori, che età hanno e se sono multi-fumatori, se cioè ricorrono anche a sigarette tradizionali.

Qualche dato

Ma parliamo di dati. Dal 2007 al 2023 la prevalenza globale del fumo si è ridotta dal 22.3 al 16.4% e le percentuali sono scese dappertutto, anche nei Paesi a basso e medio reddito, anche se un po’ meno (23%) rispetto ai Paesi ad alto reddito (31%). I due terzi dei fumatori nel mondo vivono comunque nei Paesi a medio reddito mentre la percentuale più alta – il 23,9% - di fumatori adulti è nei Paesi a reddito più alto. Solo il 4% dei fumatori del mondo vive in Paesi a basso reddito, dove peraltro la prevalenza è la più bassa, circa il 10%.

Le vendite ai minori

La maggior parte dei Paesi ha vietato le vendite di tabacco ai minori. Ma le buone intenzioni non bastano: una ricerca condotta nelle scuole di 154 paesi ha rivelato come 30 milioni di ragazzi tra 13 e 15 anni siano utilizzatori di tabacco: di questi 12 milioni usano la e-cigarette. La cosa non dovrebbe stupirci più di tanto visto che secondo i dati diffusi qualche settimana fa in occasione del No tobacco day del nostro Istituto superiore di Sanità, fuma o svapa il 7,5% dei bambini delle medie tra 11 e 13 anni e il 37,4% dei ragazzi tra 14 e 17 anni delle scuole secondarie. Il 70% di chi ha dichiarato di fumare è poi un policonsumatore, cioè fuma indistintamente qualunque cosa sia disponibile, anche le sigarette tradizionali.

Una generazione libera da tabacco

L’obiettivo è costruire una generazione libera da tabacco. E lo si fa mettendo insieme tante politiche. “Bisogna proibire le e-cigarette – attacca dal palco il giovane Gene Gesite, del Ggtc (Global center for Good Governance in Tobacco control) – in questi anni ho guardato con preoccupazione crescente la presa sui giovani dei nuovi prodotti. Noi chiediamo la proibizione delle e-cigarette, della comunicazione sulla riduzione del danno e vogliamo respingere le interferenze dell’industria. La generazione libera da tabacco comincia qui, a Dublino. E comincia adesso”.

La Repubblica

La Repubblica

Notizie simili

Tutte le notizie
Animated ArrowAnimated ArrowAnimated Arrow